Una figura molto importante all’interno del progetto ORACOLO è sicuramente quella del tutor.
L’intervista fatta a Giulia ne è la prova; parlando con lei, spesso è venuta fuori l’importanza del ruolo di questa figura. Avere una persona di riferimento cui affidarsi nei momenti più difficili, qualcuno che compie un pezzo di strada al tuo fianco, è una spinta forte alla motivazione.
Quando abbiamo incontrato Giulia era presente anche Diletta, la sua tutor. Quindi abbiamo fatto qualche domanda anche a lei, per avere un nuovo punto di vista sul progetto e sul percorso fatto insieme ai beneficiari.
Ciao Diletta. Come tutor di Giulia, che cosa avete fatto insieme? Quali erano i tuoi compiti?
Il percorso fatto con Giulia si è basato principalmente su un sostegno di tipo emotivo e psicologico. All’inizio, pur non conoscendola, ho capito da quello che diceva, dalla sua storia, che era abbastanza preparata a livello pratico; Giulia aveva già delle competenze specifiche, aveva avuto esperienze di lavoro in passato…quello di cui aveva più bisogno in quel momento era essere seguita sul piano personale e relazionale.
A questo proposito gli incontri di gruppo che abbiamo fatto insieme sul potenziamento delle life skills sono stati molto utili per lei. Giulia aveva proprio bisogno di un attimo in cui soffermarsi a riflettere un po’su sé stessa, sulla sua vita, sulle sue capacità e aspettative, e confrontarsi con gli altri su questi aspetti. Gli incontri hanno dato ai beneficiari del progetto un riferimento teorico su come affrontare il momento della propria ripartenza, uno strumento che può diventare una spinta a mettere in pratica la teoria al momento opportuno.
Il mio compito con Giulia era principalmente farle tenere il passo, cioè far sì che non si tirasse indietro in qualche modo. Sostenerla in questo, farle acquisire maggiore sicurezza e fiducia.
Quali sono stati i momenti più difficili del percorso fatto insieme a Giulia?
Un momento un po’ difficile da gestire a livello emotivo è stato il primo incontro con il datore di lavoro dell’azienda agricola per lo stage. Giulia era molto tesa in quell’occasione, quindi le ho proposto di incontrarci prima dell’appuntamento proprio per tranquillizzarci e stemperare la tensione. Abbiamo fatto il viaggio insieme, e in macchina abbiamo parlato e provato a gestire l’ansia. Poi quando è arrivato il momento di farsi conoscere, Giulia ha dato il meglio di sé e tutta la paura è svanita da sola.
Un altro momento difficile, non lo nascondo, è stato sicuramente quello legato all’emergenza covid.
Come avete vissuto quel periodo? Come ha influito l’emergenza sanitaria sul percorso di Giulia?
L’emergenza sanitaria ha complicato le cose su più fronti per quanto riguarda l’esperienza di Giulia. Con il lockdown lo stage è stato bruscamente interrotto, e con esso anche il momento positivo di forte crescita che Giulia stava vivendo. Allora serviva qualcosa in più a livello emotivo. C’era bisogno di farle sentire che non era sola, anche se in quel frangente ero limitata anche io. Non potevo fare più di tanto se non chiamarla tutti i giorni al telefono, parlare con lei, sentire come stesse e cercare di starle vicino affinché non si buttasse troppo giù. È stato un periodo difficile per tutti, ma Giulia è stata davvero brava perché non ha mollato.
Una volta finito il lockdown abbiamo cercato fortemente di recuperare l’esperienza dello stage perché per Giulia era qualcosa di davvero positivo, ma purtroppo non è stato possibile. Comunque fin da subito, quando abbiamo intuito che le cose non stavano andando per il meglio a causa della situazione sanitaria, con Annarita (responsabile Area Adulti del Pozzo di Giacobbe) ci siamo attivate per essere preparate di fronte a qualunque scenario: abbiamo lavorato tanto per cercare soluzioni alternative affinché Giulia non rimanesse ferma di nuovo, e alla fine avevamo pronto un piano B, un piano C.. eccetera! 😊
In un lavoro come questo il sapersi relazionare con il territorio e con il mondo che sta fuori dal progetto è davvero molto importante, perché può attivare opportunità nuove per i beneficiari: quali nodi si sono attivati grazie al progetto, quali collaborazioni?
Nella storia di Giulia dentro ORACOLO ci sono molti esempi di questo spirito di collaborazione che riesce a fare la differenza. Fare squadra è fondamentale.
Fin dall’inserimento di Giulia nel progetto abbiamo avuto molti contatti con la sua assistente sociale Chiara, con l’orientatrice di ORACOLO Margherita, e poi naturalmente con Annarita, che ha tirato un po’ le fila di tutto e ha molto aiutato nell’orientarsi con le pratiche e la parte burocratica del progetto. Ci sono stati scambi proficui e confronti sempre, e molta disponibilità da parte delle persone.
Inoltre c’è stato un momento in cui Giulia ha avuto bisogno di un sostegno di tipo alimentare, perché lo stage era fermo e c’erano necessità economiche cui far fronte. Anche in quel caso c’è stato un bel lavoro di rete sul territorio, in quanto ci siamo attivati con la Caritas locale che ha accolto la richiesta e ha attivato l’aiuto per lei. Adesso che Giulia è più autonoma, il sostegno alimentare non serve più e il servizio è stato interrotto.
E poi come non parlare di Nico, padrone dell’azienda agricola, che si è attivato personalmente girando a Giulia un’offerta di lavoro di cui era venuto a conoscenza, e che poi è andata a buon fine per lei.
Qual è la soddisfazione più grande per te come tutor in questo percorso?
È scontato parlare dell’obiettivo raggiunto; ovviamente sono contenta che abbia ottenuto un contratto di lavoro, perché alla fine è quello di cui Giulia, come tutti, ha bisogno per la sua autonomia anche sul piano economico. Per me, come tutor, la soddisfazione più grande riguarda il fatto che Giulia non ha mollato mai, il fatto di non averla persa da un punto di vista emotivo. Perché alla fine, al di là del sostegno che possiamo dare noi come tutor, il lavoro più significativo spetta sempre alla persona. Giulia si è sempre impegnata a fondo in questo progetto, superando anche momenti di difficoltà inaspettati e parecchio duri. Questo è quello che mi ha reso più orgogliosa nel farle da tutor.
In questa bella storia di inclusione lavorativa, a fare il risultato è stato il lavoro di squadra. Diverse realtà del territorio hanno collaborato a un obiettivo comune, diverse persone hanno messo impegno, professionalità e cuore nel loro lavoro. Un lavoro fatto di relazioni umane, un lavoro difficile, ma che porta con sé la forza potente del cambiamento.
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